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Punta su Cassandra Crossing il treno TCPA/Palladium


1. 2005-09-02 - Punta su Cassandra Crossing il treno TCPA/Palladium

2. 2005-10-28 - Cassandra Crossing / Privacy e olio di serpente

3. 2005-11-04 - Cassandra Crossing / Carta o bit?

4. 2005-11-11 - Il Cassandra Crossing - Sony-BMG ha ragione

5. 2005-11-25 - Cassandra Crossing / Googleshades


1. 2005-09-02 - Punta su Cassandra Crossing il treno TCPA/Palladium


Come i passeggeri del convoglio del celebre film gli utenti informatici non sembrano accorgersi di quanto passa davati al proprio naso: l'alba del nuovo PC è vicina ma fa paura a pochi. È ora di aprire gli occhi?


Roma - Forse solo persone della mia fascia di età od appassionati di B-movie ricorderanno il film "Cassandra Crossing". La storia, originale per l'epoca, era ambientata su un treno internazionale, dove il solito terrorista (ma siamo negli anni '70, allora era una profezia) sparge tra i passeggeri il solito virus mutante mortale rubato dal solito laboratorio di armi batteriologiche.


Quando l'eroe di turno se ne accorge, non puo' fare altro che far sigillare il treno e dirottarlo verso un ponte crollato. Laggiù il treno si schianterà uccidendo tutti i passeggeri, che sarebbero comunque condannati, per evitare ulteriori contagi. Per riuscire a far questo deve ovviamente rassicurare con messaggi vaghi e assolutamente falsi i passeggeri che tutto va bene, che stanno lavorando per la loro sicurezza, e che arriveranno presto e felicemente a destinazione.


Mi è rimasta impressa la scena di quando i passeggeri vedono uomini in tuta protettiva saldare lastre di acciaio ai finestrini e bloccare le porte, mentre a loro viene detto di non preoccuparsi, e che è per il loro bene.


La cosa assurda è che solo pochi sono colti dal dubbio, molti invece ci credono totalmente e tornano a fare la calza o le parole crociate.


Ma cosa c'entra TCPA/Palladium? In queste ultime settimane una serie di annunci, non hanno suscitato scalpore e levate di scudi, riproducendo quindi la stessa situazione.


Perché? Vista la metafora cinematografica, eccovi un "flashback".


Circa due anni orsono una serie di consorzi più o meno noti, Palladium lo ricordano probabilmente tutti, hanno cercato di elaborare specifiche per componenti hardware/sofware che permettessero di salvaguardare i "diritti digitali".

Le prime iniziative, come quella di una estensione alle specifiche EIDE degli hard disk, erano piuttosto ingenue, ma menti capaci hanno continuato a lavorare elaborando progetti sempre più efficaci.


Abbondanti finanziamenti, anche dell'Unione Europea (soldi delle nostre tasse) hanno contribuito alla ricerca e lo sviluppo in questo campo. TCPA ed i suoi figli rappresenta il primo risultato realizzabile su scala industriale, perchè completo in tutte le sue parti.


Non voglio qui ripetere dettagli tecnici che sono abbondantemente reperibili in Rete con una semplice ricerca. Il problema è che, dopo due anni di rassicurazioni che tutto è fatto contro virus, hacker cattivi, criminali informatici, ladri di identità (a quando pedofili e terroristi?) hanno cominciato a saldare le lastre d'acciaio ai finestrini.

Ah, sono i soliti annunci ad effetto ? Non vi siete accorti della differenza ?


Prendiamo quattro notizie degli ultimi 60 giorni:


1) Intel ha annunciato il rilascio delle cpu Pentium D, che integreranno un ambiente TCPA per l'esecuzione di operazione crittografiche


2) Phoenix, uno dei maggiori produttori di BIOS, ha presentato il primio bios TCPA compatibile per la realizzazione di motherboard TCPA compatibili


3) Apple ha inserito nei kit per sviluppatori una serie di API per l'utilizzo di DRM TCPA compatibili che verranno inseriti in MacOS X (voci assolutamente non controllabili parlano di una completo allineamento di MacOS X a TCPA con il successore della versione attuale 1.4 "Tiger", oppure addirittura nei futuri aggiornamenti di Tiger stesso, durante il passaggio alla piattaforma x86).


4) Microsoft ha annunciato il rilascio di Windows Vista (l'ex Longhorn), che includerà un DRM a specifiche TCPA


Questi sono tutti i pezzi necessari perchè il 98% dei pc (wintel e mac) siano TCPA compatibili.


Tirate le somme e contate i mesi. Se tutto procede così, tra 12, 24 mesi al massimo, tutti i pc ed i mac in vendita saranno TCPA ed impediranno al loro proprietario di fare quello che Microsoft, Intel, Apple, RIAA, Sony, Time-Warner, Sky, etc., etc. etc. considerano "sbagliato".


A fine 2006 chi vorrà avere un pc che faccia solo quello che gli viene detto, e non obbedisca ad altri come la scimmietta di Indiana Jones, dovrà per forza usare Linux od uno *nix non commerciale. Qualcuno dirà, in parte giustamente "Ma questa è una buona notizia, così tutti useranno Linux !"


Non è affatto detto, questo potrebbe non essere possibile; l'hardware TCPA infatti puo' non funzionare, o funzionare con prestazioni ridotte se non viene bootstrappato con un sistema operativo, driver ed applicativi TCPA. Per cui la scheda TV del vostro nuovissimo Media Center potrebbe tranquillamente rifiutarsi di funzionare sotto Linux, oppure il player multimediale potrebbe inviare direttamente per posta elettronica una denuncia alla SIAE per il DivX che avete appena scaricato, oltre ad impedirvi di vederlo. Ed in ogni caso come fareste a lavorare con l'ultima suite di sviluppo multimediale od impegnare il BFG9000 contro quella squadra di coreani che vi ha battuto l'ultima volta a Doom XIV multimultiplayer ?


Una battuta? Provate a leggere cosa dicono le licenze delle ultime versioni di tutti i player multimediali più diffusi. Prevedono che essi possano installare qualunque software ritenuto necessario (per cosa?) sul vostro computer senza nemmeno comunicarvelo. Se avete installato un player recente, avete accettato una regola di questo tipo.


E non ci sarà mai un DeTCPA od un TCPA Jon. La decodifica dei DVD per poterli leggere sotto Linux è stata possibile solo perchè un idiota ha lasciato una chiave privata dove non doveva, e perchè la protezione Css è un oggetto bacato all'origine e vecchio di 10 anni; la piattaforma TCPA è un oggetto moooolto più sofisticato e robusto, e non ci sarà Jon che tenga.


Oltretutto nel frattempo il quadro legale è cambiato, diventando "compatibile TCPA", ed anche solo il provare a leggere il bios di una scheda appena comprata potrebbe far andare in galera.


Stanno sigillando i finestrini, le vedete le scintille dei saldatori? Queste non sono ipotesi, sono gli schemi costruttivi dei vostri regali per il Natale 2006.


Ricordate il mito di Cassandra? Aveva il dono della preveggenza e la maledizione che la condannava a non essere mai creduta. OK, fino ad ora non ci avete creduto, pero' adesso le vedete quelle scintille sul vostro monitor?


Marco Calamari

http://www.marcoc.it



Tratto da http://punto-informatico.it/p.asp?i=54706&r=PI.


2. 2005-10-28 - Cassandra Crossing / Privacy e olio di serpente


C'è chi si fida dei sistemi operativi chiusi, spesso non ha alternative, ma come fa quella stessa persona a fidarsi anche di sistemi crittografici che non siano open source?


Roma - Man mano che l'uso di strumenti per la privacy si diffonde (sempre troppo lentamente per i miei gusti) mi rendo conto che i problemi che devono essere affrontati da tutti aumentano di numero. Facciamo un esempio banale: i programmi closed source. Voi comprereste un medicinale senza nome, da uno sconosciuto incontrato per la strada, perché vi ha detto che è un ricostituente e vi farà sentire meglio? Ovviamente no.


E comprereste un programma per la privacy, ad esempio un programma per crittografare la posta, da una qualunque software house commerciale che non vi metta a disposizione i sorgenti ma vi assicuri che è inattaccabile e sicurissimo? La risposta, specialmente nel caso dei programmi per la privacy, è di nuovo "Ovviamente no".

Cosa mi garantisce che il programma non sia privo di errori o, peggio, addirittura compromesso volontariamente ?


È il motivo per cui i programmi per la privacy devono avere il codice sorgente aperto ed anche una documentazione degli algoritmi che usano. "Ma - si dirà - se ritenessi necessario questo, allora dovrei poter avere i sorgenti del sistema operativo che uso e di tutte le applicazioni, e controllarmelo tutto. Impossibile!"


Bene, cominciamo a dire che la possibilità di avere i sorgenti di tutto il proprio ambiente operativo, dai driver alla applicazioni, esiste. Basta utilizzare GNU/Linux od altri sistemi operativi ed applicazioni a sorgente aperto. Ma anche se per scelta o per vincolo si utilizzassero sistema operativo ed applicazioni a sorgente chiuso, come Windows ed Outlook, e quindi si diminuisse la verificabilità del proprio ambiente operativo, la si perderebbe completamente utilizzando software crittografico, di firma elettronica o comunque destinato alla salvaguardia della privacy, a sorgente chiuso.


È in questi software infatti, che si trova la vostra prima linea di difesa della privacy.

Datemi pure del paranoico. Oltre alla solita risposta che "la paranoia è una virtù'" passo a fare un paio di esempi.


Ben due (tra quelle a me note) software house commerciali che vendono programmi per la cancellazione sicura dei dischi si vantano di utilizzare l'algoritmo di Guttmann a 35 passate. Bene, questo algoritmo è legato all'hardware dei dischi rigidi, ed in particolare ai dischi con codifica RLL; non facciamola troppo lunga, sono i dischi dei pc della generazione 8086/80286; quelli di oggi sono completamente diversi e l'algoritmo di Guttmann non ha nessuna particolare efficacia. Solo olio di serpente, insomma. E se non avessero documentato l'algoritmo come sarebbe stato possibile accorgersene?


"Secure Deletion of Data..." - Peter Gutmann, VI USENIX conference, 1996)

http://www.cs.auckland.ac.nz/~pgut001/pubs/secure_del.html


Nel novembre del 2003, durante un controllo di routine del software del kernel 2.6 di Linux (allora in fase di rilascio) fu scoperta una backdoor nei sorgenti, ottenuta inserendo un singolo carattere (per la precisione un "=") in una singola riga. Non ci interessa qui dire da chi o per cosa, e nemmeno se altre modifiche del genere siano passate inosservate. Il punto è che in nessun ambiente commerciale i sorgenti nel loro complesso sono visibili, e la probabilità che una modifica maliziosa del codice venga rivelata è senz'altro interi ordini di grandezza più bassa.


Allora, per finire questa digressione con una raccomandazione, quando crittografate od altro, fatelo con software a sorgente aperto. Una piccola fatica in più sarà un ottimo investimento in sicurezza. C'è molta più gente desiderosa di compromettere questi programmi di quanto non si pensi, e di sicuro è più di quella che vuole compromettere un sistema operativo.


E quando leggerete di programmi mirabolanti e supersicuri, che pero', poffarbacco, sono a sorgente chiuso e nemmeno documentati, statene lontani come dalla peste. Anche se ve li raccomandasse qualcuno di fiducia: tutti possono sbagliare.


Marco A. Calamari

http://www.marcoc.it


Tratto da http://punto-informatico.it/p.asp?i=55884&r=PI.


3. 2005-11-04 - Cassandra Crossing / Carta o bit?


Le riviste internazionali in edicola costano uno sproposito: naturale quindi ricorrere alla rete, dove quegli stessi testi sono disponibili con due euro e qualche tecnologia DRM.


Roma - Se la mia sindrome, di cui non sono riuscito a trovare nome o descrizione nella letteratura medica, è anche la vostra, quando passate vicino ad una edicola ben fornita, vi sentirete irresistibilmente attratti verso la bacheca delle riviste estere. Ebbene sì, lo confesso, sono rivista-dipendente. Se avessi il tempo per leggerle ed il posto per conservarle, ne farei man bassa tutte le volte che mi avicino ad un'edicola; per fortuna mi mancano ambedue e quindi il problema non mi si pone, almeno in maniera drammatica.


Ma c'è un fattore che questa breve descrizione ha trascurato; non di solo tempo e posto in libreria, ma anche di soldi c'è bisogno, e nemmeno pochi. E pensare a questo mi provoca (e scusate i continui riferimenti soggettivi) una reazione tra l'irritato ed il rabbioso; il prezzo delle riviste estere americane od inglesi (mensili) in Italia è dal doppio al triplo del prezzo di copertina. Facciamo un esempio; "Wired", rivista che merita sempre di essere letta, costa negli Stati Uniti 4.95 dollari; calcolatrice alla mano e con il cambio di oggi, 4,10 euro.

Visto che alla mia edicola d'elezione ho pagato, per l'ultimo numero, 8,70 euro, il prezzo è il 212% di quello originario; si noti che il prezzo originario comprende il margine dell'edicolante, che credo proprio il distributore italiano non paghi quando compra le riviste dall'editore.


Il sovrapprezzo del 112% è congruo col fatto di farla arrivare dagli Stati Uniti? Non è il mio mestiere, ma dato che giocando di pallet e di voli cargo notturni in pochi giorni si riescono a far arrivare copie singole dei libri usati di Amazon a prezzi inferiori a quelli di un pacco di stampe a tariffe italiane, a me pare di no.


Vorrei dire di più, ma non sto facendo una crociata contro i distributori italiani di riviste estere, che hanno il diritto di gestire il loro business come meglio credono, cosi la fermo qui dicendo che a parer mio il prezzo è ingiustificatamente, incommensurabilmente, astromicamente esagerato. Solo un parere, sia chiaro! Ma oggi a tutto questo c'è un'alternativa: i bit.


Molte note pubblicazioni, da Macworld e PC World fino all'Harvard Business Review, dalle riviste di genetica a quelle che celebrano la divina forma femminile senza veli, sono disponibili in formato elettronico, pronte per essere scaricate sul computer con pochi colpi di mouse ed uno dato con la carta di credito. I prezzi? Ridicoli!


Se si acquista un abbonamento annuale, si parla dela metà od anche meno del prezzo di copertina all'origine.

Per farla breve, una rivista americana in formato elettronico puo' costare il 20% (un quinto) della stessa rivista su carta comprata in italia. Con due numeri si paga l'abbonamento di un anno.

Il tutto da siti di e-commerce perfetti, agili, e con software di fruizione ben fatto, che fornisce una "user experience" veramente notevole.


Ma c'è un bruttissimo rovescio della medaglia: sistema operativo non libero, client di lettura proprietario, formato criptato, mini DRM già in azione.

E poi regole di utilizzo poco chiare od assenti, policy di utilizzo in cui i diritti del compratore non sono nemmeno previsti ma di solito non si diventa nemmeno proprietari di quanto scaricato perchè non lo si puo' trasferire a terzi. In pratica si compra solo il diritto di leggere, e spesso nemmeno per un tempo illimitato. Sistemi facilmente aggirabili, certo, ma oggi come oggi raccontarli può mettere nei guai... quindi non mi spingo oltre.


Adesso mi resta solo da decidere come rovinarmi il fegato: pagando troppo le riviste su carta o finanziando il nuovo mercato dei contenuti digitali, distribuiti solo come servizio ed a forza di DRM? Suggerimenti?


Marco A. Calamari

http://www.marcoc.it


Tratto da http://punto-informatico.it/p.asp?i=56013&r=PI.


4. 2005-11-11 - Il Cassandra Crossing - Sony-BMG ha ragione


Partita una class action negli Stati Uniti mentre su Sony piove la denuncia dei consumatori europei. Intanto gli esperti di sicurezza avvertono: gira un trojan che si maschera grazie al rootkit del colosso giapponese


Roma - Il titolo di questo commento richiede ovviamente una spiegazione, e purtroppo dovro' ripetere uno dei miei tormentoni. Sony-BMG, come del resto tutte le aziende che commerciano contenuti digitali e tecnologie DRM, ha perfettamente ragione, e quasi tutti coloro che hanno acquistato i famigerati cd, od altri contenuti digitali, oppure software od hardware che implementi tecnologie DRM, hanno torto.


Le società per azioni hanno, come ragione costitutiva, lo scopo di ottenere utili per i loro azionisti mediante produzione, commercio e distribuzione di beni e servizi. L'amministratore delegato e l'intero consiglio di amministrazione sono pagati per questo ed hanno il dovere di perseguire questo fine nel modo più ampio possibile; se facessero altrimenti tradirebbero il loro mandato e sarebbero giustamente criticabili e perseguibili. In questo contesto, qualunque altra considerazione è un dettaglio operativo, quindi come tale, opzionale. Se genera costi, toglie profitti, o se semplicemente complica il business deve essere rimossa, per quanto le condizioni al contorno lo permettano.


La cosa funziona così. Punto.


Come nei sistemi fisici, anche le questioni economiche evolvono tramite la spinta di forze contrapposte, verso una situazione di equilibrio. Quando la forza è una sola, e non ce ne è un'altra che le si contrapponga, non c'è possibilità di raggiungere un equilibrio, e di solito il sistema fisico degenera raggiungendo configurazioni estreme.


Basta pero' con la termodinamica, altrimenti fisici ed economisti mi salteranno alla gola sui dettagli ed avranno pure ragione; sono solo paragoni. Torniamo al caso specifico: dov'è la spinta equilibratrice alla legittima e naturale tendenza di chi possiede i diritti sui contenuti e guadagna sul loro commercio a fare più soldi possibile?


Consideriamo che leggi e regolamenti sono oggetti sfumati, che si forzano spesso e volentieri quando ci sono di mezzo questioni economiche. Alcuni dicono che talvolta si creano apposta, ma lasciamo perdere, altrimenti il discorso si allargherebbe troppo. A mio modo di vedere la forza equilibratrice più importante sono coloro che tirano fuori i soldi, cioè chi acquista prodotti e contenuti digitali di questo tipo. Parlo quindi degli utenti, di voi, anzi di noi insomma.


Acquistate un cd senza preoccuparvi di cosa comprate? Allora vi sta bene ! Avete torto.


Quando andate al supermercato, pero', controllate la data di scadenza della roba da mangiare che comprate, vero?Io almeno lo faccio. E magari guardate anche gli ingredienti. E controllate se il prodotto è biologico, se viene dall'estero, se ci sono OGM, se ci sono marchi di tutela del prodotto. E confrontate i prezzi con le possibili alternative e con i prezzi della volta scorsa. E qualche volta comprate ed altre no, cambiate marca o fornitore, e magari fate a meno di qualcosa. E raccontate al vostro vicino di casa od agli amici cosa avete fatto e perchè.


Bene, ma quando comprate un cd od un dvd? Quando fate l'abbonamento a qualche tv digitale? Quando comprate un lettore di dvd, un computer od un software? Non sarebbe naturale fare le stesse cose ?


Leggere quei marchiettini minuscoli dietro la scintillante custodia del Cd è necessario, e se non sapete cosa significano fate una bella ricerca con Google. Allo stesso modo è necessario capire se del CD state comprando o no la licenza d'uso, il diritto di ascoltarlo, di prestarlo, di venderlo, di farlo ascoltare, di caricarlo sul vostro iPod. E, se non si compra, perché non scrivere a chi è interessato il perchè ed il percome (ma già il solo atto di non comprare "parla" molto forte)?


Ed infine perché non orientarsi su produttori che, dal vostro punto di vista, fanno meglio, prezzi più bassi, più possibilità, meno controlli, più cura del cliente, più responsabilità sociale.


Ma quanti lo fanno comprando un Cd? Certo, lamentarsi dei prezzi alti lo fanno in tanti, ma il resto?

Ecco perchè Sony BMG ha ragione e (la maggior parte di) voi torto.


Marco A. Calamari

http://www.marcoc.it


Tratto da http://punto-informatico.it/p.asp?i=56151&p=2&r=PI.


5. 2005-11-25 - Cassandra Crossing / Googleshades


La percezione della realtà della rete sta cambiando e si modella sulle necessità, le esigenze e le priorità di multinazionali che con il search la rendono più accessibile. Ma accessibile a modo loro.


Roma - Google, oltre ad essere il comodissimo strumento di ricerca che tutti ormai conoscono, continua ad espandersi aggiungendo sempre nuovi servizi. Gli annunci che si susseguono a distanza di pochi mesi hanno quasi creato un'assuefazione alla novità. In effetti alcuni di questi servizi sono fortemente innovativi ed utili, anche se rappresentano punti di raccolta di dati personali che sono preoccupanti per dimensione, pervasività e impercettibilità. Ma una digressione sulla privacy, ancorchè sia un tema ricorrente in questa rubrica, non spiegherebbe il titolo di oggi.


"Mirrorshades" (Occhiali a specchio) è il titolo di una famosissima antologia cyberpunk di Bruce Sterling, che prende il nome dal racconto "Mozart in mirrorshades".


La letteratura Cyberpunk tratta spesso i temi del mondo del futuro prossimo e del mondo della Rete e delle intelligenze artificiali; un altro tema importante è quello della percezione della realtà, come vista appunto attraverso un paio di occhiali particolari. Altri autori americani di fantascienza hanno fatto della percezione della realtà e delle realtà alternative i cardini della loro opera, Philip K. Dick in testa.


Dipendiamo sempre di più dalle informazioni, non solo per la nostra vita in Rete ma anche per la vita di tutti i giorni. Strumenti molto potenti ed efficaci come il motore di ricerca di Google, Google News, Froogle, Google Maps e compagnia cantando, utilizzati per la loro efficacia e gratuità, dovrebbero essere osservati con attenzione e messi in discussione dove impattino in maniera crescente sulla vita delle persone.


Google è l'apice delle aziende.com (ed anche, insieme ad eBay, una delle poche sopravvissute). Rappresenta per i suoi clienti e partner, grazie ad un colpo di fortuna iniziale e ad una creativa, attenta ed intelligente evoluzione guidata, il massimo in termini di utilità, public relation, immagine aziendale, gratuità, fonti di reddito.


Tralasciamo per oggi le implicazioni commerciali e della privacy, a favore delle funzioni di indicizzazione e ricerca del web, delle news e dei blog.


Sono funzionalità di elevata qualità ed utilissime; la sensazione che se ne ricava è che siano create e gestite da saggi (e santi?) che agendo con totale efficacia ed imparzialità si caricano sulle spalle le fatiche (di ricerca) del mondo a favore di tutti. Ma seppur dando per acquisite e durature saggezza e qualità, cosa dire dell'imparzialità? È lecito aspettarsela da un'azienda, per sua natura orientata al profitto dei suoi azionisti?


In ogni caso diamo per acquisite nel caso di Google la competenza tecnica, i poteri e l'assoluta dedizione al bene dell'umanità, e torniamo al problema della percezione della realtà. Chi naviga in Rete da prima del web ricorderà la fatica che la ricerca manuale delle informazioni richiedeva; il fascino dell'esplorazione e della scoperta che si vivevano erano solo una parziale ricompensa, mentre la bontà della ricerca era direttamente proporzionale al tempo che le veniva dedicato.


Poi è arrivato il web, e la ricerca manuale attraverso non file ed informazioni testuali ma pagine con link è diventata più facile ed istruttiva, anche se la proporzionalità tra sforzo e risultato restava sempre valida. Ed infine i motori di ricerca, dapprima approssimativi e limitati, poi sempre più performanti, fino ai colossi di oggi, pieni di funzionalità e di pubblicità.


Ci hanno affrancato da molto lavoro di routine, certamente, e la potenza e la comodità di avere la Rete "indicizzata" sono fantastiche. Ma la percezione della realtà della Rete ne è inevitabilmente alterata. La Rete non è "cio' che si vede facendo ricerche con Google". Google non puo' indicizzare tutto; ci sono contenuti al di la delle sue possibilità presenti e future.


Ma l'accesso parziale ai contenuti non è il problema principale; il problema principale è la percezione della realtà.


Noi vediamo la Rete non con i nostri occhi ma con quelli di Google, o del motore di ricerca utilizzato; ne sfruttiamo l'immensa acutezza visiva, ma adottiamo di conseguenza anche il suo punto di vista, le sue modalità percettive, le sue e le altrui opinioni.


Paragone fantasioso?


Ma il page ranking, ovvero l'algoritmo (supposto "oggettivo") che decide in che ordine presentare i risultati, non è una modalità percettiva? La sponsorizzazione ed il ranking dei risultati in funzione dei cosiddetti "inserzionisti" non sono "opinioni"? Ed i filtri per le parole ed i siti sgraditi al governo cinese non sono "opinioni altrui"?


La percezione della Rete esplorata con i motori di ricerca è giocoforza limitata e distorta; è appunto come quella data da un paio di occhiali colorati e di campo visivo limitato.


I nuovi servizi georeferenziati di Google aprono ulteriori possibilità di ricerca, e quindi anche di manipolazione della ricerca; quando sarà pienamente funzionante il servizio di ricerca di prodotti con georeferenziazione dei negozi che li vendono, Google impatterà anche sulla percezione della realtà al di fuori della Rete. Non vedremo più il fruttivendolo sotto casa, e quello che si è registrato su Google ci sembrerà più vicino.


È importante quindi considerare queste limitazioni sia in rete che fuori ed evitare l'errore di chi guarda documentari alla tv piuttosto che viaggiare di persona, convincendosi di conoscere in questo modo qualcosa di più sul mondo. Altrimenti, oltre a perdere opportunità di conoscenza, potremmo finire col trovarci sul naso gli occhiali col colore deciso dai potenti di turno.


Marco A. Calamari

http://www.marcoc.it


Tratto da http://punto-informatico.it/p.asp?i=56456&r=PI


Emidio Planamente

Last modified on 2005-11-25